Continua il racconto della storia di Post Scriptum, che ogni due venerdì ripercorrerà i primi dieci anni di attività della nostra casa editrice, grazie alla penna irriverente di Lord Fiddlebottom, che ci mette sotto torchio per farsi raccontare gli errori che abbiamo fatto e poi ce li rinfaccia senza pietà!
Che dura la vita dell’editore.
Dopo la batosta di BauSquitMiao e il passo avanti di High
Voltage, Post & Scriptum avevano deciso di badare alla loro linea
editoriale con un filo di attenzione in più. Dovevano scegliere il nuovo gioco
con maggiore oculatezza. Passare in rassegna ogni difetto e bug. Scegliere i
migliori materiali. Distribuire nelle migliori catene. C’era da fare tutto
questo, adesso.
Però, forse meglio prima rilassarsi un po’ su quell’amaca
là.
POST & SCRIPTUM: la prima commissione
In effetti, i nostri due protagonisti decisero
di prendersi un anno sabbatico. Non avevano trovato giochi interessanti da
produrre ed era il caso di badare un po’ al budget già ridotto. Quindi insomma
potevano anche ripos..
DRIIIIIIN!
“Pronto..?”
“Pronto, mister Scriptum? Sono Rifo, avrei bisogno di una
consulenza per un gioco..”
“Ri che?”
“Non ha capito? Rifo”
“Ok ripeta pure”
“Cosa?”
“Ripeta pure il suo nome”
“Rifo”
“Sì appunto ‘rifaccia’, ripeta pure il suo nome”
“Rifo!”
“Va bene ok, sono tutto orecchie, ripeta pur..”
Dopo 10 minuti, il misterioso personaggio dall’altra parte
del telefono riuscì a esporre con chiarezza il problema. In occasione del
Trento Film Festival, Rifo voleva realizzare un gioco da tavolo tematico, con
protagonista il testimonial dell’evento, ovvero il piccolo folletto Salvanèl.
Per l’occasione sviluppò un semplice gioco di piazzamento per bambini, che
piacque agli organizzatori dell’evento. Stava quindi cercando un editore che
potesse lavorare sul progetto.
Scriptum era perplesso: poteva prendersi carico di un lavoro
così importante, dopo solo due produzioni, di cui una piena di errori e l'altra comunque ancora non perfetta? Qui
si trattava di un festival importante di cinema, si trattava di seguire delle
direttive imposte. Si trattava di alzare l’asticella della professionalità.
Però quell’anno la Post Scriptum era in pausa, quindi poteva
essere l’occasione per mettere mano a un nuovo gioco. Decise perciò di
accettare.
Quindi all’opera su Salvanèl!
Il lavoro richiedeva molta più attenzione rispetto ai
precedenti progetti: qui non c’erano solo Post e Scriptum, c’erano anche i
committenti, che giustamente pretendevano. Le grafiche dovevano essere
attinenti all’immagine coordinata e alle loro esigenze, il gioco doveva essere
adatto a una fascia d’età prescolare, ma anche rappresentare bene il concetto
del festival e della manifestazione. E in più i materiali dovevano essere
economici per permettere che il prodotto venisse dato in omaggio a chi presenziava
all’evento. Insomma, altro che BauSquitMiao!
Per questo Post e Scriptum si misero al lavoro: trovarono
migliori stampatori, esaminarono il gioco con maggiore attenzione, prepararono
una veste grafica in linea con le richieste, usando i materiali messi a
disposizione.
Insomma, forse i nostri due protagonisti potevano ritenersi
soddisfatti del loro lavoro. Niente anno sabbatico, ma qualche soddisfazione in
più.
Però c’è un però.
Post e Scriptum ragionarono sull’esperienza appena fatta:
qui non si trattava di una loro autoproduzione, si trattava di un progetto più
ambizioso.
Qui si trattava di mettere in pratica la propria
professionalità per un progetto in cui il rischio non ricadeva più sul loro
operato e basta. Un passo falso avrebbe messo in difficoltà il cliente stesso.
Quindi le responsabilità aumentavano, almeno a livello di immagine editoriale.
Si faceva sul serio.
Si potevano ritenere pronti, i nostri baldi eroi? A
intraprendere una carriera parallela di consulenti per giochi su commissione?
Il folletto di Salvanèl, dalla scatola, con un ghigno
diabolico, disse a Post: “sììì, sìììììì, dedicatevi alle consulenze!
Muaaahahahah!”.
Purtroppo, Post si fece influenzare.
Da quel giorno, per la Post Scriptum, non ci sarebbe stata
più una pausa per ferie e vacanze.
E l’amaca rimase lì, vuota e solitaria, senza più editori
disoccupati e senza più anni sabbatici.
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